Questa volta scrivo una recensione “cotta e mangiata”. Si tratta infatti di una mostra che ho visitato due giorni fa: Loretta Lux, alla Galleria Carla Sozzani, Milano.
Ritratti molto particolari, indubbiamente. Il suo stile fotografico è surreale, nella misura in cui immortala bambini somaticamente perfetti, li scontorna ed inserisce in sfondi fotografici o pittorici preparati con cura, talvolta ne altera le proporzioni di qualche pixel e il risultato è una galleria di ritratti immaginari, simboli di una fantasia che ha idealizzato l’infanzia come un paradiso perduto nel quale è impossibile tornare. Ci piace pensare che i bambini siano innocenti, e lo sono, ma non così avulsi da sentimenti quali la malizia, la crudeltà, il sadismo. Un po' come i protagonisti delle favole dei fratelli Grimm, che nascondevano sotto i loro grandi e adorabili occhioni quella sottile “perversione” che fa parte di ogni essere umano da quando nasce.
Quello che mi ha colpito particolarmente nel guardare questi ritratti, quasi sempre in primo piano, è l'assoluta compostezza, che sfiora l'immobilità dei bambini. Mi sono sembrati adulti, in poche parole: quarantenni tristi e disillusi nei corpi e nei volti di bimbi di 8 anni. Potrei tranquillamente immaginarli sul lettino dell'analista, coi loro sguardi interrogativi e allo stesso tempo sfuggenti. Piccole spose, piccoli professionisti, piccoli aristocratici. Niente sogni, niente spensieratezza, niente ingenuità. I bambini sono anche questo; la fotografa può aver ricreato gli sfondi, “inventato” le luci, illuminato gli occhi, ma gli sguardi non si possono inventare, né modificare: bisogna solo osservarli e comprenderli, se possibile.
Scritto da: AnnaM
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